Si è spenta ieri a Roma la giornalista e scrittrice Miriam Mafai. Una delle penne più prestigiose del giornalismo italiano ci ha lasciato a 86 anni. Era nata a Firenze nel 1926, in una famiglia di artisti (la madre Maria Antonietta Raphael era scultrice e il padre Mario era noto pittore, tra i fondatori della corrente artistica della Scuola Romana).
Ha conosciuto in tenera età la discriminazione razziale e l’importanza dell’impegno politico. E’ stata militante comunista, ha partecipato alla resistenza antifascista nella capitale.
La sua carriera è cominciata sulle pagine dell’Unità e come corrispondente da Parigi per il periodico Vie Nuove. Sono arrivate poi la direzione di Noi Donne e un periodo come corrispondente per Paese Sera.
Nel 1976 fu tra i fondatori di Repubblica, per cui scrisse per più di trent’anni, come editorialista, inviato e cronista politico.
Nella sua lunga e brillante carriera ha osservato da vicino i cambiamenti sociali e politici del Paese, su cui ha scritto molti saggi. Negli anni ’80 ha anche ricoperto il ruolo di Presidente della Federazione nazionale della Stampa.
Nel 1948 sposa Umberto Scalia, con cui ha due figli, Sara e Luciano. E’ però Giancarlo Pajetta, il ragazzo rosso, il grande amore della sua vita: un uomo di vent’anni più grande, conosciuto nel 1944, con cui nel 1962 comincia una relazione inizialmente molto osteggiata dall’opinione pubblica e nel partito.
La sua produzione saggistica è ricca, e racconta molto dell’ultimo secolo di storia italiana. Ricordiamo L’uomo che sognava la lotta armata,del 1984, Pane Nero. Donne e vita quotidiana nella seconda guerra mondiale, del 1987, Il lungo freddo. Storia di Bruno Pontecorvo, lo scienziato che scelse l’Urss (1992). E ancora: Botteghe Oscure addio. Com’eravamo comunisti (Premio Cimitile 1996), Dimenticare Berlinguer (1996), Il sorpasso. Gli straordinari anni del miracolo economico 1958-1963 (1997), e Il silenzio dei comunisti (2002), scritto con Alfredo Reichlin e Vittorio Foa.